Esploriamo il Kosher

È degno di nota il fatto che uno dei primi precetti impartiti agli esseri umani concernesse il cibo, con la proibizione ad Adamo ed Eva di mangiare i frutti dell’Albero della Vita. Da allora, gli ebrei hanno sempre posto grande enfasi sull’autocontrollo alimentare.

Le leggi dell’alimentazione ebraica affondano le radici nella Bibbia e vengono osservate dagli ebrei da più di tremila anni. I principi fondamentali della kashrùt sono illustrati nel Pentateuco e sono definiti statuti, ossia leggi di cui non ci viene data alcuna motivazione comprensibile dall’intelletto. Tuttavia, i rabbini hanno sempre sottolineato il loro ruolo essenziale nella preservazione della vita dell’ebreo.

Osservando la kashrùt, i bambini imparano fin dalla più tenera età il concetto di disciplina, distinguendo tra ciò che è permesso e ciò che non lo è. Ma al di là di tale esercizio di autocontrollo, i rabbini del Talmud forniscono un’idea più mistica: mangiando cibo non kosher, si riducono le proprie facoltà spirituali, “interferendo la comunicazione con la propria anima”.

Il pensiero chassidico si spinge oltre, spiegando che tutto ciò che mangiamo diventa parte integrante del nostro sangue. E poiché, come dice la Bibbia stessa “il sangue è l’anima”, mangiando cibi vietati, cose che D-o ha creato come impure, diventano parte della nostra anima rendendo quindi impuri noi stessi.

Così come una dieta salutare è buona per il corpo, la kashrùt lo è quindi per l’anima. Nella casa ebraica, il tavolo è un altare, la cucina un tabernacolo…

Si tenga presente che quanto segue non è che l’illustrazione dei fondamenti della ben complessa legislazione che determina l’alimentazione ebraica. Un quadro completo dell’argomento si può ottenere solo consultando un rabbino o un esperto nel campo.

Il cibo kosher (o kashèr) si classifica in tre diverse categorie in base alla loro origine

Le leggi fondamentali che definiscono quali animali, uccelli e pesci sono kosher, sono illustrate in Levitico, cap. XI.
Due sono le caratteristiche che rendono kosher un animale: Per quanto concerne la carne bovina, gli animali devono avere lo zoccolo fesso ed essere ruminanti.
Esempio di animali kosher: mucca, capra, pecora ecc.

Fra gli animali invece non kosher vi sono, ad esempio, il maiale, il cammello, il cavallo, il coniglio… La carne di cervo non è più a portata della tavola kosher poiché, in base a normative agricole, tale animale deve essere ucciso a colpo di pistola in campi aperti, e non condotto in un mattatoio.

Nel XIX secolo, i macellai kosher usavano recarsi alla tenuta della famiglia Rothschild una volta all’anno per preservare in Inghilterra la tradizione di sgozzare il cervo.
Tutti gli animali e i volatili carnivori, il sangue di animali e di volatili e qualunque sostanza da essi derivata non sono kosher.
I rettili, e la maggior parte degli insetti non sono kosher.

Latte e latticini (formaggi, crema, burro ecc…) di qualunque animale kosher sono a loro volta kosher e “di latte”.

Essi non possono essere consumati assieme a carne o pollame.
Poiché non è possibile distinguere latte kosher (ossia di un animale kosher) da quello non kosher, i rabbini hanno decretato che esso debba essere controllato dalla mungitura fino al confezionamento, per garantire che proviene da un animale kosher.

In molti paesi del mondo in cui l’origine del latte in commercio è garantita dalla legge, alcune autorità rabbiniche avevano a loro tempo sostenuto che il latte è garantito come kosher e per questo non deve essere controllato (dopo la II guerra mondiale, data la difficoltà negli USA di reperire del latte controllato, una autorità rabbinica aveva permesso ai consumatori Kosher aventi primaria necessità, come i bambini ecc., l’utilizzo di latte non controllato affidandosi ai severi controlli e sanzioni governative a chi mescolava latte proveniente da altri animali).
Il latte kosher controllato, detto Chalav Israel, è oggi molto diffuso sul mercato dei centri di vita ebraica del mondo e quindi facile da reperire.

Una posizione centrale nell’ambito della kashrùt è occupata dalla separazione fra carne e latte. I divieti che la riguardano sono molto severi, forse più di ogni altra norma di kashrùt.

Ad esempio, non si può mangiare carne di coccodrillo perché non è kosher, ma si possono indossare scarpe di pelle di tale animale. Ma dalla mescolanza fra carne e latte non è consentito trarre alcun beneficio. Così, se è occasionalmente cuoco in un ristorante non kosher (purché ovviamente non ne assaggi il cibo), l’ebreo può preparare gli hamburger, ma non i cheeseburger.

Per poter consumare latticini dopo aver mangiato carne o derivati è richiesta un’attesa di sei ore. Questo stesso arco di tempo è necessario anche tra la consumazione di formaggi “duri” e carne. Si noti che benché il pesce sia parve, esso non deve essere consumato assieme alla carne.

Chi convive con animali domestici deve verificare addirittura il cibo che acquista per loro uso, per assicurarsi che non vi sia mescolanza tra carne e latte fra i loro ingredienti.

La separazione fra carne e latte si applica non solo al cibo stesso, ma anche a tutti gli utensili impiegati per la sua conservazione, preparazione e consumazione. Tale rigore nella separazione comporta il possesso e l’uso di set separati di posate, piatti, utensili e lavandini. Anche la lavastoviglie può essere impiegata o per la carne o per il latte, ma non per entrambi.

Il cibo che non è né di carne né di latte è definito parve, neutro, e utensili parve come bicchieri o ciotole per l’insalata possono accompagnare sia i pasti di latte che quelli di carne. Il vetro non assorbente normale può essere considerato parve per molti pareri. Bisogna stare invece attenti al pyrex o a qualunque altro utensile di vetro resistente al calore del forno, che possono essere usati solo o per la carne o per il latte.

La separazione non si limita alla cucina e alla tavola: siamo infatti tenuti ad astenerci dalla consumazione di latticini dopo la carne finché non sia trascorso un certo numero di ore. Lo Shulchàn Arùch, il Codice di Legge Ebraica, riporta due tradizioni: una, decisamente poco diffusa oggi, richiede un’attesa di un’ora soltanto (e gli ebrei olandesi vi si attengono ancora); l’altra, più universalmente accettata, ne richiede invece sei. Viceversa lo stesso intervallo si applica dopo aver mangiato formaggi detti duri, cioè stagionati, come ad es. il grana o il parmigiano, poiché richiedono un processo digestivo simile a quello della carne.

Infine, per evitare spiacevoli confusioni, il pane deve sempre essere parve, e quindi non può contenere burro o latte.

Gli ebrei hanno sempre avuto un debole per il pesce. I loro antenati si lamentarono per la sua carenza nel deserto, ricordandosi del pesce mangiato in Egitto!

Mentre vi sono poche varietà di carne e pollame kosher, ciò non vale per quelle di pesce, che sono numerosissime. Come la televisione, in passato gli scaffali del pescivendolo erano in bianco e nero. Oggi, grazie alla gran varietà di speci esotiche d’importazione, viene offerto al consumatore un vero arcobaleno di scelte.

Per essere kosher, il pesce deve avere pinne e squame facili da rimuovere. Ad esempio, quelle dello storione sono difficilissime da togliere, fatto che lo rende non kosher, come lo sono automaticamente le sue preziose uova, ossia il caviale.

Esempi di pesci Kosher possono essere il salmone, la trota, la cernia, il nasello, la sogliola ecc.

Es. di pesci non kosher: l’anguilla, il pesce spada, il pesce gatto, lo squalo…

Tutti i crostacei, i frutti di mare ed i mammiferi acquatici non sono kosher.

Il pesce, sia fresco che surgelato, dovrebbe essere acquistato con la pelle, in modo da verificarne le squame per riconoscerlo con certezza.

Un’altra norma vieta di consumare pesce e carne assieme, ma per un motivo diverso dal latte. È semplicemente perché i nostri saggi, paladini di una vita salubre, considerano tale miscuglio nocivo alla salute. Così ci si asterrà dall’accompagnare un buon piatto di carne con salsa di acciughe…

D’altro canto, non vi è alcun problema nel mangiare carne immediatamente dopo il pesce, o viceversa.

Si usa però “pulire” prima il palato con del pane o bevendo qualcosa. Questo può spiegare perché molti bevono un goccetto dopo il pesce del Sabato prima di passare alla portata successiva…

Mentre la consumazione di carne di maiale implica una sola trasgressione, quella di un insetto ne comporta diverse. La Torà e molto esplicita nei divieti concernenti tali creature e quindi la frutta e la verdura potenzialmente esposte a infestazioni devono essere controllate e pulite accuratamente.

Quella che può sembrare una bella foglia di lattuga, osservata più da vicino può apparire come un albergo per insetti. Altre “dimore” molto apprezzate da queste bestioline sono ad esempio il prezzemolo, l’asparago, le verdure di primavera, i broccoli e i cavolfiori.

Tutti gli insetti o vermi visibili a occhio nudo devono essere “sfrattati”, immergendo la verdure in acqua salata o in aceto, oppure mettendo particolari prodotti esistenti sul mercato su un panno e strofinando delicatamente la foglia, il tutto seguito da un accurato controllo visivo. Anche la frutta e la verdura in scatola possono essere problematiche. Gli insetti vi si presentano come granelli neri, ma fortunatamente possono essere rimossi con un panno di mussola.

Vino e succo d’uva devono essere esclusivamente di origine approvata dai rabbini, ma non per lo stesso motivo del formaggio. I saggi bandirono il vino di produzione non ebraica essenzialmente per evitare i matrimoni misti, poiché il bere può portare poi all’incontrarsi e così via. Anche prodotti come il brandy e l’aceto di vino devono portare il sigillo di un rabbino.

Esso è kosher solo se la sua produzione viene effettuata da un ebreo osservante. La produzione di vino kosher può richiedere un notevole dispendio di tempo e denaro, poiché richiede la scrupolosa kasherizzazione dell’attrezzatura precedentemente impiegata per la produzione di vino non kosher e la presenza di un’intera équipe di personale osservante debitamente addestrato.

Come spesso accade, ingredienti non kosher possono infiltrarsi nella produzione di vini non kosher, ad es. si usava aggiungere sangue di toro per la colorazione o più comunemente un agente di raffinamento proveniente dallo storione.

Si tratta di motivazioni fondamentali che sottolineano l’importanza di un controllo rabbinico molto accurato.

I rabbini sconsigliano la consumazione di pane non prodotto da ebrei, benché laddove non sia disponibile pane di produzione ebraica, o se esso è di qualità inferiore, si può acquistare pane di produzione commerciale (non fatto intenzionalmente per un consumatore specifico), ma tenendo conto di quanto segue: esso in genere contiene grassi o emulsionanti di origine animale o non identificata. Vi è anche la possibilità che emulsioni o gelatine vengano spalmati sulla crosta o che le teglie vengano oliate con grassi non kosher, i quali per legge non comportano l’obbligo di essere riportati e dichiarati sulla lista degli ingredienti.

Il pane è inoltre esposto al rischio che venga cotto negli stessi forni di pane o dolci non kosher, il che lo renderebbe automaticamente non kosher.

Di fatto, alcun pane non controllato può essere considerato kosher.

A causa dei divieti sul sangue, si devono controllare anche le uova aperte prima di essere cucinate, per eliminare quelle che contengono macchie di sangue. (N.B. Non ogni piccola macchia di colore rende vietato l’uovo). Non è però necessario controllare le uova prima di prepararle sode. Le uova bianche hanno in genere meno macchie di quelle marroni, forse per motivi biologici, è quindi più difficile trovare qualche macchia di sangue rosso vivo o simile nelle uova bianche.

Sono in genere prodotti con margarina non kosher.
Anche quelli fatti con il burro (vedi) possono non essere kosher poiché, come detto sopra, le teglie possono essere ingrassate con ingredienti vietati, senza che ciò debba essere segnalato al cliente.
Ciò vale anche per le torte. Riguardo ai forni ,è valido lo stesso principio del pane.

La margarina contiene grassi ed emulsionanti che possono essere di origine animale.
Anche i produttori di margarine dette vegetali non sono in grado di garantire che l’origine dei loro emulsionanti sia tale.

Di conseguenza, si può impiegare solo la margarina controllata da un rabbino. Nelle margarine in commercio si addizionano spesso aromi a base di latte o derivati.

I cibi che non contengono ingredienti né di carne né di latte sono definiti parve, termine che indica il loro stato “neutrale”.
Frutta e verdura allo stato naturale sono kosher e parve.

Il pesce che ha pinne e squame è kosher e parve.

Il cibo parve può diventare di latte se cucinato con latte o derivati, e di carne se invece cucinato con derivati di carne.

Se non controllati da un rabbino, sono vietati poiché contengono caseinati.

La carne e il pollame kosher deve essere preparata in base al metodo della shekhità, ossia un taglio rapido alla gola dell’animale con un coltello affilatissimo privo di qualsiasi imperfezione sulla lama. Si tratta di un metodo indolore, nel rispetto della sofferenza dell’animale.

Dopo la shekhità, l’animale deve essere sottoposto ad un accurato controllo, detto bedikà, per verificare che non abbia difetti che lo renderebbero non kosher in base alla legge ebraica. I polmoni di bovini e ovini e gli intestini del pollame vengono sempre controllati.

È qui che entra in gioco l’espressione glatt kosher. Nel caso del bestiame, se il polmone è privo di fori o mucose cicatrici, viene definito “glatt”, liscio. Se invece ve ne sono, l’animale può comunque essere kosher anche se non glatt, purché quando vengono rimosse, tali mucose cicatrici non lascino buchi nei polmoni.

Per essere finalmente portata in tavola, la carne deve essere privata dei resti di sangue, la cui consumazione è strettamente vietata dalla Torà. Essa deve perciò essere messa a bagno per un’ora e poi sotto sale grosso e risciacquata tre volte prima di essere cucinata. Oggi, la maggior parte della carne viene kasherizzata dal macellaio, risparmiando la fatica al consumatore.

Il fegato è un caso particolare: essendo imbevuto di sangue, non può essere kasherizzato con il normale processo illustrato sopra, ma deve essere preparato “alla griglia”, ossia a diretto contatto con una fiamma.

Prima di raggiungere gli scaffali della macelleria, la carne deve essere sottoposta ad alcuni procedimenti, detti nikùr, che comportano la rimozione di alcune vene e di grassi vietati. Poiché il nikùr dei quarti posteriori dell’animale è notevolmente complesso, nella maggior parte delle comunità della Diaspora non viene effettuato del tutto in queste parti della bestia, che vengono vendute al mercato non ebraico. I quarti posteriori contengono tra l’altro il nervo sciatico, che non può essere mangiato dagli ebrei poiché fu dove Giacobbe rimase ferito nel suo scontro con l’angelo (Genesi XXXII, 33).

Cibo kosher prodotto con utensili precedentemente impiegati per la cottura di cibo non kosher, diventa a sua volta non kosher.
Il procedimento che rende utensili, pentolame, piatti, forni, piani di cottura e lavabi kosher viene comunemente chiamato “kasherizzazione”. Essa deve essere effettuata sotto la scrupolosa osservazione di un rabbino esperto, poiché la sua esecuzione varia in base al genere di oggetto o utensile.

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